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Alla finestra.
spedito da: Andrea
Data: lunedì, 8 aprile 2013 - ore 22:25


Ho guardato a sufficienza fuori da quella finestra. Mi sono alzato, di solito presto come ogni volta che torno a casa dai miei e alla mia città natale, e mia madre aveva il caffè pronto. Ho preso la mia tazzina e mi sono messo a sorseggiare davanti alla finestra appunto, per un tempo indeterminato. Osservavo i profili delle cose, per scorgere cambiamenti assolutamente necessari dato che la cadenza con la quale scendo giù dai miei è circa un trimestre alla volta: non può non cambiare nulla. Il caffè era tutto sommato passabile, però io ero tutto concentrato in quella bolla di attenzione ingiustificata interrogandomi sul perchè mi ostinassi ogni volta a cercare mutamenti, termini di paragone, disallineamenti che mi facessero sentire in movimento, lungo un percorso circolare che ogni volta che ripassa per la partenza misura i progressi o le involuzioni. Ed io, assolutamente alla ricerca dei progressi che però sembrano sempre concessioni minimali di un destino un po' troppo avaro. Questo pensavo mentre il ricordo confuso della notte appena passata supportava come un velo d'acqua tiepido una persistente corrente elettrica superficiale che sorreggeva tutto quell'inutile speculare. Perchè ero così eccitato di prima mattina? Cosa m'aveva lasciato in dote l'ennesima esperienza onirica che pare essere l'unica dimensione dove ritrovare se stessi lasciandosi completamente andare? Freud mi è sempre stato simpatico per questo straordinario salvacondotto per l'inconscio (o ego) che ha individuato nel sogno e i suoi effetti collaterali. Le immagini, i frammenti più che altro, erano tutti lì, impressi sulla mia retina con una persistenza sufficiente a tenerle vive e intelligibili; e mi piaceva quello che vedevo, sapevo perchè ero contento, addirittura emozionato. Lo sapevo e questo bastava, perchè già riconoscersi in grado di generare, spontaneamente, certe esperienze, vuol dire che ancora ce n'era, che sebbene io continuassi all'occorrenza a perdere di vista l'obiettivo e la strada da percorrere per ottenerlo, notti come quella appena passata potevano contribuire al riallineamento delle prospettive, alla ricarica dei serbatoi della speranza, alla coscienza che ero ancora dove volevo essere, senza alcun dubbio aggiunto.
Così, ho continuato a fissare fuori ma con un sorriso sulle labbra, assolutamente privo di relax, però spontaneo e sorretto e questo mi faceva stare bene. Dopodichè mi sono vestito e sono sceso a cercare altri mutamenti perchè quei giorni sarebbero dovuti servire a quello, come sempre ogni volta che torno giù al sud, a casa mia, tra le mie colline e le strade che conosco così bene.

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