A parti invertite
spedito da: Andrea
Data: domenica, 16 giugno 2013 - ore 22:44
L'ho vista arrivare dal fondo della strada, la stavo aspettando da tempo e ancora non mi pareva vero. Ho scostato con le dita le veneziane di alluminio, quel rumore che avevo imparato negli anni e che più avrei risentito e l'ho vista nel buio della sera, che avanzava. Con una bottiglia di vino in mano, senza borse o borsette, solo con quella bottiglia, e camminava verso casa mia. E' sempre stata così, assolutamente oltre ogni interesse all'ambiente attorno, fuori eppure dentro la mia stessa dimensione ma con un talento che io non avevo. Ha bussato e le ho aperto il portone, ha salito le scale e le ho aperto la porta. Ed era lì, dinanzi la soglia con i suoi capelli lunghi e lisci, il suo viso delicato, leggins grigi e un vestitino glicine a sbalze. Sono rimasto in un limbo di im-percezione mentre lei mi sorrideva con gli occhi sempre un po' sgranati, di chi guarda sfumature che altri non percepiscono nemmeno. Mi ha detto del vino, l'ho afferrato ringrazinadola portandolo in frigo: lasciarla anche solo per un istante fuori dalla portata della mia vista, in giro libera per la mia casa mi creava un senso di disallineamento delle percezioni che raramente avevo sperimentato in vita mia. Sono tornato nell'anticamera, le ho detto di seguirmi che le mostravo la casa. E' entrata nella mia stanza, so che camminava ma io registravo una fluttuazione, come se fosse un piccolo angelo non un essere umano; mi rendevo conto d'essere fin troppo inebetito ma non potevo farci niente. Ero fisso sul fatto che lei fosse lì, in quella camera, a osservare le mie cose: mi sentivo come uno che cercava di reclutare un campione in una squadra di calcio senza avere il benchè minimo quattrino. Mai avrei creduto di poter arrivare addirittura a giocare un mondiale fino in finale ma in quel momento non lo sapevo, non avrei mai potuto immaginarlo. Lei svolazzava, sfiorava dorsi di libri, si guardava intorno interessata a tutto e niente allo stesso tempo, faceva domande e annuiva ma senza grossa partecipazione. Era come se la sua mente fosse già proiettata altrove, al momento nel quale avrebbe dovuto raccontarmi. Ed io ho continuato a compiere e infilare gesti e frasi e movimenti più o meno consapevoli fino a che, nel mezzo della cena, a tavola, mentre io ancora aspettavo di consumare un lutto tra quelle mura, lei iniziò a raccontare di un uomo, nella sua vita, che andava e veniva a piacimento, che la destabilizzava ogni volta, che la rendeva fragile e succube, e di come lui avesse una compagna, una vita, ma ancora la cercasse e se ne approfittasse di lei e della sua debolezza di donna sensibile e attratta sebbene in parte lievemente disillusa. Io ho sentito allargarsi la solita crepa che ogni volta mi si creava dentro, ogni volta che inseguivo donne distratte da altri destini. Eppure, sebbene la sensazione fosse stata di un sottile dolore difficile da delineare, eppure ringraziavo per quella serata, perchè s'era verificata una così straordinaria vicinanza con quel nocciolo di energia pura che sempre avevo inseguito e che adesso portava in dote la ragazza che avevo di fronte, che era impossibile non fare un inchino di ringraziamento al destino. E quando è andata via, ringraziandomi, baciandomi sulla guancia mentre contemporaneamente mi appoggiava una mano sulla spalla, io non avrei mai creduto che non era quello il momento nel quale l'avrei persa ma che, in realtà, dovevamo ancora incontrarci io e quella ragazza. E l'ho vista andare via, nel buio della notte, da dove era arrivata. Di nuovo, spostando le veneziane, di nuovo sentendo quel rumore così familiare.
commenti: 0
>>torna a casa...
|