Sguardi passati
spedito da: Andrea
Data: venerdì, 8 maggio 2015 - ore 21:21
"[...]
Da bambina andavo su al lago. Papà ci metteva in macchina, io e mio fratello seduti dietro, lungo le salite verso il Ghisallo, passando per Canzo, Asso, l'acqua al di là delle creste delle colline, piatta e celeste, un cielo rovesciato. E mentre l'auto saliva agile, noi nel nostro abitacolo, loro erano là fuori, stretti nei loro vestiti attillati di tessuti sintetici, scolpiti nelle carni, tenaci, definiti nella smorfia dello sforzo ottuso verso la cima, senza una vera e propria espressione cosciente sui loro volti. Danzavano sui pedali, oscillando per ingannare la gravità anche se sembravano più che altro ingannare se stessi. Questi non mollano mai, pensavo guardandoli, se devono arrivare, arrivano, se devono "compiere", allora "compiono"; in una parola, questi non si arrendono. Quando li passavamo a meno di due metri, mio padre bofonchiava sempre, chi glielo fa fare, diceva nel suo limite intellettivo che lo ha sempre caratterizzato. Poi, un giorno, ce n'era uno che invece era su una bici diversa, con tante borse attaccate un po' ovunque, e questo saliva su calmo, senza alzarsi dalla sella, lento, molto lento ma intanto andava e i metri li masticava piano, come gustandosi il miglior piatto del miglior chef. Lui alzò il viso lucido di sudore, incrociò i miei occhi da bambina e mi sorrise, dai suoi occhi dello stesso colore del lago, lui mi fece vedere, mi fece capire. Ed è lì che decisi: da grande, avrei sposato un ciclista.
[...]"
commenti: 0
>>torna a casa...
|