F.R.
spedito da: Andrea
Data: venerdì, 30 ottobre 2015 - ore 19:59
Si parla spesso di "forza" nelle vicende emotive umane. Quando si utilizza tale caratteristica in merito alle emozioni è, per la maggiorparte delle volte, perchè ci si deve difendere. Si argomenta di qualcuno sull'essere o meno "forte", quando quest'ultimo deve superare una particolare delusione o un trauma doloroso, insomma quando deve "incassare". Come il pugile che le prende, la dote che più gli serve in quel frangente non è tanto la forza (spesso la capacità di reazione è pressochè nulla) quanto la "resistenza"; perchè ciò che deve fare è rimanere in piedi, "resistere" appunto, fino alla fine, aspettando il gong, aspettando che tutto finisca. E se è la resistenza che serve davvero quando siamo sotto, a me non viene in mente il solito parallelo con il diamante, che è duro in modo incredibile e che però, colpito nel punto giusto va in frantumi: non mi ha mai convinto il binomio durezza-forza perchè le due cose non sono necessariamente correlate. A me viene in mente il carbonio (quello lavorato intendo) perchè è sì duro anche lui, rigido per la precisione, ma non è la forza che gli si attribuisce come caratteristica peculiare quanto semmai la resistenza, la capacità di tollerare appunto, sollecitazioni enormi mantenendo intatte le sue caratteristiche. E il carbonio non ha bisogno di un colpo nel punto giusto per sfaldarsi: al contrario del diamante, al carbonio basta un graffio e le sue fibre iniziano a cedere una dopo l'altra, in una falcidia microscopica che è invisibile all'occhio umano ma che, dopo un determinato tempo più o meno lungo, non calcolabile, lo fa schiantare del tutto. All'improvviso.
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