I vetri appannati.
spedito da: Andrea
Data: mercoledì, 13 gennaio 2010 - ore 22:29
C'era un tempo in cui guardavo i vetri appannati di fine ottobre. Perchè ottobre non ci giurerei ma sono abbastanza convinto che possa essere quello il mese. C'erano programmi diversi nel preserale, che a quei tempi significava il film della sera alle venti e trenta; non c'erano tutte queste cazzate di oggi che ti "trainano" fino alle ventuno e trenta e tu sei già spompato e stai a pensare che il giorno dopo sempre alle sette devi svegliarti. C'hanno fregato, perchè di mattina è sempre quello ma la sera ti allungano il brodo perchè prima che rientri a casa dopo il traffico e tutto il resto e ti fai da mangiare e ti siedi bè, le ventuno e trenta sono di sicuro.
Io avevo fatto i compiti il pomeriggio e quindi alla sera potevo guardare la tivvì con mia mamma e ci facevano grosse risate su alcuni film comici come "Vagon lits con omicidi" (non so perchè io ricordi questo) con Gene Wilder.
Ma ciò che contavano erano i vetri. Con quella condensa che non ti faceva vedere fuori. Ed io pensavo che potevo starmene al caldo di casa mia senza pensare a niente là fuori tanto neanche vedevo. In fondo era un modo per immaginare e immaginarsi, sebbene bambino, con tutta l'innocenza che mi proteggeva dalla merda della vita da adulto. Così stavo sempre in cucina e mia mamma non se ne accorgeva neanche di questa mia fissa dei vetri. Intanto io stavo lì, al caldo, a farmi grandi viaggi con la fantasia mentre gli aromi della cena si spargevano nell'aria ferma della cucina. I vetri, freddi e bagnati, gli stessi vetri che oggi proteggono chissà chi. Che a me piaceva fissare, per minuti interi.
Oggi, se c'è condensa, probabilmente ci passo la mano sopra, perchè devo vedere cosa c'è al di là, cosa c'è fuori.
Sta tutto qua il senso di questo ricordo.
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