Il sole a scacchi
spedito da: Samuel
Data: giovedì, 29 dicembre 2011 - ore 17:26
Finalmente mi hanno concesso internet. Sono due anni già qua dentro e per la pena che devo scontare non sono niente; tuttavia, ho avuto accesso ad un computer col quale posso comunicare con l'esterno per un tempo limitato, una ventina di minuti ogni tre giorni. Sono pochi ma meglio che niente. Ovviamente quello che scrivo è sottoposto al filtro di una commissione apposita qui dell'istituto; è un programma sperimentale ed io l'ho fatta veramente grossa percui è già un miracolo che io sia rientrato in questa opportunità. Comunque, la prima cosa che ho fatto è scovare questo blog; il tizio che lo gestisce, ha a che fare col motivo per il quale sono dentro. Questo me lo avevano detto alcuni detenuti che conoscono la mia storia e tutto il contorno. Ragion percui è a lui che sto scrivendo queste righe sperando che verranno pubblicate e non me le taglieranno (come credo). Mi chiamo Samuel Da Vinci e sono dentro per omicidio volontario multiplo. Mi tengono chiuso nel carcere di Bellizzi Irpino e probabilmente qualcuno di voi la mia storia la conosce già. Ho fatto fuori un'intera squadra di polizia che anni addietro aveva causato la morte dell'unica donna che io abbia mai amato in vita mia. Non avevo altra ossessione nella mia vita che il pensiero di lei e della soppressione violenta del nostro legame. Poi, è intervenuto un tizio di cui ho cercato notizie ma niente di interessante ho trovato, che mi ha messo sulla strada della vendetta, trovando in me terreno fertile per agire. Così, non ci ho pensato su due volte ed eccomi qua. Vi dico subito che non ho neanche un rimpianto, zero assoluto, non me ne frega più niente di niente. Nemmeno della mia vita. Ho tre pasti al giorno e mezz'ora d'aria più l'accesso libero alla palestra. Ho un fisico che pare m'abbia tirato fuori dal marmo Michelangelo e se penso come stavo combinato prima di finire qua dentro c'è da rifletterci sulla negatività del reato e della reclusione. Non mi interessa comportarmi in modo che mi allevino la pena perchè tanto non avverrà mai, neanche se mi spuntasse l'aureola sulla testa; ho falciato con un uzi cinque poliziotti, dubito che la giustizia italiana, che pure funziona a correnti alterne, possa avere un occhio di riguardo per il sottoscritto. Adesso guardo il cielo a scacchi da qua dentro, e sono anche fortunato che riesco a scorgere un accenno di Montevergine da questo lato del carcere. Ecco una cosa che mi manca, le passeggiate all'aria aperta di montagna e il sogno emozionale dell'amore attraverso i vicoli dei paesi remoti. Questa è l'unica cosa che rimpiango davvero, il resto può anche andare al diavolo. Non siete d'accordo? Perchè non venite a trovarmi durante l'orario di visita? Sono sicuro che avrei da raccontarvi belle cose sul senso della vita e dell'importanza dell'amore ed altrettanto della morte. Io marcirò qua dentro, ho fatto quello che dovevo fare. E voi invece? la fuori che si dice? Spero mi facciano passare il post, ci terrei davvero. Grazie mister de Gruttola per l'opporunità , grazie davvero. Se potesse, mi spedirebbe una risposta sul mio angelo della morte? In qualche modo sento di doverlo ringraziare. Davvero. Sono libero adesso anche se sembra un paradosso.
Alla prossima.
Samuel Da Vinci.
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Message in a bottle (ma i Police non c'entrano).
spedito da: Andrea
Data: domenica, 6 novembre 2011 - ore 23:51
In serate come queste, complici situazioni private e pubbliche di grosso disagio, si fa un po' fatica a tenere la rotta come si fa di solito. Piove ininterrottamente da giorni e molte parti del paese sono letteralmente sotto assedio dalla natura che sta sentenziando contro l'arroganza umana e la sua prevaricazione. Io, dalla mia parte, scosto le tende e vedo un orizzonte umido che comunque non m'appartiene, una terra nella quale sono arrivato chiedendo permesso e facendomi ospite in luoghi che non m'hanno visto crescere. Si deve fare attenzione, in serate come queste, a prendere la tazza della bevanda calda che ci si aspetti renda il sonno più profondo di quanto non sia, dal giusto lato; devi concentrarti a sollevarla prima di abbracciarne con le labbra il bordo, perchè se stai dietro ai pensieri e provi a bere, certo che ti bruci la bocca senza dubbio. Sospiro cercando una dignità che sento lesa perfino a vedermi in una foto con un bimbo perchè mi sento come un ladro, a godere di un'innocenza come quella che ti porta la compagnia di un bimbo che altri hanno generato con sofferenza e sacrifici, mentre io ne prendo solo il buono: e cioè le risate e le feste e gli affetti per avergli dato da mangiare del latte da un biberon. Io, che faccio avvizzire anche le piante più belle in nome di chissà quale assurda dimensione sentimentale, io che non vedo alle volte un futuro condiviso anche quando questo bussa alla mia porta. Per questo guardo fuori e cerco di sondare il ritmo delle intemperie; come si piegano le cime degli alberi, come si corrugano le pozze d'acqua e come sbattono le persiane nei cassoni. Ma sento solo una gran frustrazione malata dalla mancanza di un affetto che ho lasciato per tentare di andare oltre, come al solito, mentre quell'oltre assomiglia sempre di più ad una linea immaginaria che resta tale proprio per non farsi attraversare. Ho riletto un pezzo della Simona Vinci sulla solitudine che mi ha stritolato il cuore, riletto fino all'incredula perfezione del verbo un passaggio di Shane Stevens che dovrebbe scrivere thriller e invece indaga la natura umana e ti fotografa senza che tu gli abbia chiesto il permesso. C'è una donna con la quale non posso più comunicare perchè "così va il mondo" ed è "così che deve andare" ed è per questo che posso solo scrivere tra queste righe; quella donna è là fuori che guarda altre intemperie, ben più grevi delle mie, alla quale vorrei dire che il silenzio non significa assenza nè oblio; che il silenzio alle volte è fatto con l'urlo del vento, che i luoghi restano sacri nella memoria e nulla viene buttato via nè barattato per un facile sollievo. A quella donna vorrei dire che i pomeriggi sono freddi come il marmo di una cattedrale e che niente sembra avere più colore o dolcezza; che l'aver ritrovato il tempo per "fare altro" non significa necessariamente la salvezza, ben che mai la libertà, meno ancora il frutto di una precisa volontà chiara e ristoratrice. L'umanità si è sempre retta sull'andare altalenante di ragione e sentimento e, che prevalga alle volte l'uno o l'altra, il risultato è un comportamento medio che trascende da percorsi puramente logici o da afflati altrettanto impulsivi. Vorrei dire a quella donna, che l'eco di un dolore e l'umido del pianto sono condanne di una giuria che fa il suo mestiere nelle umane vicende. Ma che non c'è un ordine insovvertibile se davvero ci si crede, che le solitudini non bastano a farsi innamorare nè le compagnie a dare forza e salvezza. Che per alcuni, la dannazione e la consapevolezza della propria natura non dovrebbe mai incontrarsi con chi ha il cuore puro, perchè la generosità e il darsi e la dolcezza, spesso non albergano in chi sogna la strada e percorsi dove perdersi senza la certezza di ritrovarsi. Vorrei dire a quella donna che io non dimentico, perchè non ha senso e non perchè non abbia a salvarmi nè redimermi; l'oblio non è mai stato scappatoia dai propri demoni, ma solo un tentativo perdente di aggirare i propri sentimenti e darsi prova di una forza che non tira fuori dai guai. Tutto ha un senso, niente trascina con sè l'annullamento della memoria. Sperimentare l'irreversibile dovrebbe avere a che fare solo con la morte, non con esseri umani ancora vivi che lottano per una vita migliore. E' davvero una serata difficile, con tutta la tazza in mano. Speriamo di rivedere le stelle al più presto. La pioggia e le nuvole hanno davvero stancato.
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...
spedito da: Andrea
Data: sabato, 29 ottobre 2011 - ore 23:59
E che dovrei dire qualcosa ma proprio non ce la faccio stavolta. Ho riletto alcuni post e non credo possa essere più originale del passato;davvero no purtroppo.
Mi viene in mente il vetro, perfetto per conservare e proteggere eppure trasparente ma incredibilmente fragile. La materia che dura ma presa dal lato sbagliato va in mille pezzi. Questo è, e quanta banalità senza rispetto per il dolore, strapparsi di dosso una vita e continuare con la propria attraverso sentieri così ottusamente e ostinatamente bui come l'anima che ci portiamo dietro. C'era luce, ma ho voluto tornare al buio, sapendo il perché senza voler andare oltre. Per il momento. Che Dio o chi per lui, abbia pietà di me.
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Cassiopea
spedito da: Andrea
Data: domenica, 18 settembre 2011 - ore 19:45
Ultimamente, mio malgrado, ho dovuto partecipare al dolore di persone a me care, per una volta ancora, colpite da una perdita dovuta al male incurabile per eccellenza, il cancro.
Riflettevo, durante una conversazione telefonica, sull’incredibile incidenza che tale malattia ha guadagnato negli ultimi decenni a discapito di un passato nel quale era considerata malattia rara.
Se ne dicono tante, i tempi sono cambiati, ci sono molte più "cose" negli alimenti, nell’aria che respiriamo etc etc.
Certamente, ma cose come quelle che si possono leggere nell’articolo che riporto in fondo a questo messaggio, sono una parte di quelle "cose" laddove la mancanza dell’immediatezza causa-effetto, le fa apparire come "cose" di bassa pericolosità o addirittura circoscritte ad un misero fazzoletto di terra.
Tenetevi le vostre convinzioni, nessuno dice il contrario, ma per favore, leggetevi l’articolo e guardatevi il video contrassegnato dal numero 3; i primi due sono tratti da un film, il terzo, purtroppo è roba vera.
vai a: Articolo Repubblica Cassiopea
Nietzsche discuteva sull’opportunità che, socialmente parlando, giunti ad un grado di equilibrio dinamico troppo teso e al limite, l’essenza profonda dell’essere umano, quella violenta ed esplosiva, venisse fuori a rasare tutto al suolo per poi permettere di ricominciare daccapo. Peccato che siamo ancora tanto lontani da quel punto di equilibrio…
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Trailer
spedito da: Andrea
Data: venerdì, 5 agosto 2011 - ore 20:14
Qui si raccolgono i commenti al trailer.
Vediamo un po'...
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Arsura
spedito da: Andrea
Data: martedì, 2 agosto 2011 - ore 20:11
Come quella delle statali pugliesi che l'anno scorso ero solito solcare alla ricerca di affari lavorativi. I pali scrostati dalle intemperie e temprati dalla calura, la saggina gramigna alla base che si fa strada tra metallo corroso e terreno compatto e avvelenato. Un vento caldo che fa ondeggiare i secchi steli; ed io, sullo sfondo, sfocato e sudato, stanco e depresso come i paesaggi intorno.
Come quella dell’animo, quando i fiumi dell’entusiasmo si riducono fino a fievoli rivoli insignificanti e tutto secca e si crepa e si indurisce.
Come quella della coscienza, quando solleviamo polvere per non vedere, per accecarci senza alibi, per ignorare.
Arsura per fare selezione, per sfidare il gruppo e lasciare in piedi solo i meritevoli, quelli che hanno le riserve sotto pelle, dentro lo spirito, che ridono facendo piovere dentro, che irrigano i campi della gioia e sanno attraversare i deserti del destino, dove la maggior parte, talvolta senza neanche combattere, muore disidratata.
Arsura, come omaggio all’estate, quella del sud con le piane chimiche che bollono e fermentano al sole implacabile; quelle del centro, che attendono lungo i fiumi frascosi e insozzati dalla monnezza che lascia omaggi impigliati tra i rami condannati ad un’innaturale simbiosi tra plastica e materiale organico; quelle del nord, con la polvere dei capannoni abbandonati che sale in circoli al cielo slavato e saturo di idrocarburi. Paesaggi di uno stesso paese, sia dentro che fuori, dove gli uomini e le loro anime vagano senza trovarsi, senza trovare refrigerio né ristoro.
Metafora infernale, senza Dante né Virgilio ad osservarci, muti e inariditi spettatori noi stessi, mentre chi resta in piedi prova a respirare.
Dobbiamo far entrare aria, anche se bollente.
Dobbiamo tirare il fiato.
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L'Eroica
spedito da: Andrea
Data: venerdì, 3 giugno 2011 - ore 18:47
Oggi,come un anno fa, sfruttando il ponte della festa della repubblica mi sono dedicato ad un tour speciale in bici. La scorsa volta fu il cratere aquilano con la scalata al Gran Sasso, stavolta qualcosa dal nome un po' più esuberante. Da premettere che a me dell'agonismo ciclistico non me n'è mai fregato niente, ragion percui, il nome Eroica non evoca la competizione ben nota agli appassionati di uno sport agonizzante, ma semplicemente il percorso, le strade bianche, le pendenze assassine, nell'arena del massacro Chiantigiano.
Confesso che non ne sapevo niente prima di un weekend di un paio di mesi fa passato proprio nel Chianti; d'un tratto, nel recarmi a fare un giro nei dintorni, mi ritrovo con l'auto su una strada sterrata, magnifica ed evocativa, con tornanti impegnativi e un fondo stradale che mi ricordava (ormai un'ossessione) la Dalton ciclata neanche un anno fa. Cosicchè, come sempre accade, ho voluto vedere se c'avevo visto giusto: santiddio se c'avevo visto giusto.
Ho scelto il percorso di media difficoltà, quello di 80km (ce ne sono da 140 e 200!) dopo essermi preventivamente studiato i tratti di dislivello. Niente da fare, dal vivo si sono rivelati molto più duri del previsto. Il misto sterrato asfalto, in perfetto equilibrio devo dire, e la sagoma del percorso, mi hanno davvero divertito. Certo in un paio di tratti ho sofferto abbastanza ma ne è valsa la pena. Che meraviglia rivedere quel fondo stradale, sentirlo sotto le ruote, alzare il capo senza ancora aver finito il tornante, sentire il sudore bruciarti gli occhi e, soprattutto, andare, salire senza la fatica che potevo aspettarmi dopo così pochi chilometri di allenamento quest'anno. E invece, proprio l'aver riacceso la macchina l'anno scorso in quel modo quasi impeccabile, mi ha permesso di rifarlo quest'anno con molta meno fatica rispetto a dodici mesi fa. Il test del chiantigiano ne è la riprova. Che meravigliosa giornata, ragazzi.
Unico punto dolente, il tempo; quando vai per terre così, ci vorrebbe la luce del sole e neanche il caldo a ben vedere perchè le condizioni citate permetterebbero ai colori straordinari di questa terra di venir fuori senza indecisioni. Invece con il cielo coperto e l'afa, tutto è piatto , slavato e senza contrasto. Poco male, l'intento era ciclistico non fotografico e direi che posso davvero ritenermi soddisfatto.
Siamo sulla buona strada, staremo a vedere.
Alla prossima.
Per maggiori info sull'Eroica (da dove ho recuperato le info per questa giornata):
--==www.eroica.it==--
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Sindrome d'anzianità precoce
spedito da: Andrea
Data: lunedì, 25 aprile 2011 - ore 15:39
Mi sfrecciano i paesaggi ai fianchi, estenuante dopo questo mio ennesimo vai e vieni.
Giù con grande energia, datosi che il buonsenso avrebbe suggerito un riposante weekend. Niente da fare. Ma può mai esserlo un terrone certificato come il sottoscritto?
E così di nuovo giù. Alla stregua di un vecchio. Alla mia età non posso permettermi già il lusso di ricordare; c'è ancora tanto da fare, riflettere e andare a fondo. Non è onesto nei confronti della vita e del tempo, che pure s'è messo a correre come un disperato, fermarsi già a farsi irrorare da corrosive memorie. Legate, peraltro, ad elementi incredibilmente banali. Quelle che una volta erano "immagini scatto" favolosamente complesse, frutto di iperboli di ragionamenti altrettanto imperscrutabili, oggi sono improvvisi lampi di realtà senza elaborazioni.
Cosicchè, mi basta spostare lo sguardo sulle colline circostanti, ricoperte di fronde antiche e slavate, quelle che affondano le radici ai lati di quelle strade d'asfalto consunto che fanno da portale della malinconia. Perchè tutto parte da lì, da un percorso, che magari si snoda tra pendenze non impossibili, su superfici di bitume consunto, di quello che d'estate si scalda e frigge, mentre tu ricordi, appunto. Il mio problema sta tutto lì, agganciare a performance sportive personalissime tutto il corredo di attività ad esse più o meno collegate.
Il risultato è devastante. Al di là del fallimento dei rapporti umani, la loro labilità, sacrificati sull'altare dell'egoismo e del facile dolore, quello di cui non interessa indagarne la genesi perchè già noto e corrotto dall'odio, al di là di questo c'è la vita stessa che non lascia scampo, così come il suo complemento, la morte. Troppo presenti in proporzioni disoneste, scalfiscono tutto ciò che ci circonda, tutto ciò che amiamo e che c'ha dato spinta fino ad oggi. Probabilmente sono giunto a quel punto della vita nel quale bisogna sacrificare qualcosa, sapere mollare l'ormeggio, arrendersi agli attacchi della decadenza, che più tenti di tenere le cose in equilibrio più ti casca tutto a terra a frantumarsi in mille pezzi. Ecco perchè rimangono le strade e i loro ricordi: ancora una volta a sorreggerti, che se il primo acchito è la malinconia, la debolezza e la tristezza che tenta di soffocarti, poi emergi, perchè l'affronti e non fai finta di niente. Non volti lo sguardo come fanno i codardi e i pigri. Guardi in faccia ogni cosa, rischi la botta, affondi lo sguardo nell'abisso tanto perchè non hai paura di niente. Cerchi il conforto di chi, come te, non ha ancora sacrificato al massacro dell'esistenza i propri valori; gente che ci crede ancora, che lotta per trovare non il dolore dell'esposizione ma la felicità della conquista. Cosa ci sia da mettere sul piatto, lo sanno solo quest'ultimi. Gente fortunata dico io, gente che si perderà pure qualcosa, ma non credo tanto quanto guadagnano da pochi ma intensi momenti figli del rischio assolutamente non calcolato.
Qualche volta tremo alla potenza di questo confronto; come marcare se stessi ad ogni istante che allunga il tuo passato e stringe lo spazio del tuo futuro. Ma per fortuna, so cosa fare per essere ancora in corsa, non tirarmi indietro. Sebbene spiazzato, come tutti i trentenni della mia foggia, dalla scoperta sorprendente d'essere diventati parte della locomotiva della vita e non un fottutissimo, ultimo e trascinato vagone.
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Interpretando
spedito da: Andrea
Data: giovedì, 14 aprile 2011 - ore 23:41
Se non l'avessi vista con i miei occhi, oggi non la riconoscerei qui, nella piana lombarda, lontano dalla mia terra, lontano da quella terra.
Così mi emoziono ancora, a distanza di mesi, osservando e sentendo il vento fischiare ancora contro, sulle mie gambe mentre pedalo, mentre interpreto.
Come folate d'acqua pesante dentro di me; non è finita, non ancora. Ce ne ho eccome. Devo tirarlo fuori; il destino non aspetterà ancora per molto.
E' arrivato il momento di confrontarsi con il vissuto. E' finalmente arrivato il momento di lasciarsi prendere dalle braccia forti del ricordo. Il tutto senza smettere mai di essere consapevoli, sentirsi davvero sul vissuto, in corsa insieme a lui, senza perdere contatto. Mentre nuove strade si affacciano, nuovi pensieri e nuovi estenuanti gioie. Da vivere rigorosamente contro il buon senso, quello che frena le aspettative e calca i sentieri sdrucciolevoli della paura. Il mondo è pieno di luoghi che aspettano chi sa andarli a trovare.
Io so, ho sempre saputo probabilmente.
Ci sono persone che ho perso per strada. Sono sicuro che sapranno dedicarmi un accanito, delicato pensiero senza rancore. Abbiamo un cuore che non accetta bugie, men che mai l'inganno. I tracciati sono onesti, specialmente quelli impervi.
Andiamo avanti.
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Rifiatare
spedito da: Andrea
Data: lunedì, 14 febbraio 2011 - ore 23:36
Qualcuno dice che non scrivo più, che non racconto più di me, delle cose che faccio, di quelle che vivo.
E' vero, tutto questo è vero. Quel qualcuno cerca di capire al posto mio, vorrebbe avere pronta la spiegazione, bella chiara, limpida, senza ombre. E invece niente. L'unica cosa certa è che racconto poco. Ma in realtà è come quando sei piegato sulle ginocchia, il petto come un mantice, espirare, inspirare.
Rifiatare.
Un altro po', poi mi rialzo, mi asciugo il sudore e giuro che riparto. Quel qualcuno vorrebbe sapere quando. Quel qualcuno pressa troppo per i miei gusti. Io non lo so, lui lo vorrebbe. Dopodichè pare di incrociarlo una volta per strada, pare di conoscerlo. Quel qualcuno alza una mano, mi sorride. Ed è allora che sorrido anch'io.
Per questo mi pareva di conoscerlo; quel qualcuno, sono io.
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Di nuovo Fontanarossa...
spedito da: Andrea
Data: sabato, 22 gennaio 2011 - ore 12:27
...e che volete che scriva adesso?...
più in la, più in la...adesso fatemi andare a vedere...
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